Nelle stesse settimane nelle quali molte culture celebravano già la Luce sotto altri nomi o si preparavano a farlo, nella Contea tibetana di Pulan (Prefettura di Ngari) veniva festeggiato il Nuovo Anno, profondamente legato ai cicli della terra: il ‘Capodanno degli agricoltori’ in un luogo molto alto, a circa 3.9mila metri di altitudine e ora tutto innevato, ma che – per la sua posizione nella valle del fiume omonimo – gode di un clima più mite e, dunque, “rinasce” prima.
Una tradizione, questa, che risale a 1.500 anni fa e che da allora custodisce due meraviglie della Cultura locale, entrambe legate alla bellezza del Pavone: un costume rituale femminile e una danza trasmessa per generazioni.
Il primo prevede un copricapo unico al mondo e diversi ornamenti, tra i quali il più prezioso è gawu – cioè, una scatola porta-amuleto e intarsiata di gemme, tramandata da madre in figlia. Dagli orecchini alle cinture passando per le collane, ogni geometria e colore ha un significato simbolico preciso che documenta la Storia della Contea e la sua evoluzione (scambi culturali compresi) nel tempo. Ragione per la quale questi indumenti sono noti anche come “il grande racconto indossato”.
Per il secondo, ‘la Danza del Pavone bevente’, gli artisti si vestono di costumi ispirati alle piume dell’uccello rappresentante l’abbondanza, la resurrezione e l’immortalità dell’anima e tengono in mano una coppa di vino. Eseguendo dei movimenti lenti ed eleganti che evocano l’agilità e nobiltà del pavone ed esprimendo, così, la loro profonda riverenza per la Natura e la Bellezza.
Il tutto, preparato da una profonda rigenerazione nelle settimane precedenti. Nelle quali, finito il raccolto autunnale, i vicini si aiutano a vicenda nell’imbiancare i muri dei loro cortili e dare alle case un aspetto rinnovato mentre le famiglie preparano la farina d’orzo tostato dell’Altopiano. Anche per i dolci tradizionali di Capodanno quando, vestiti con abiti nuovi, i bambini della Contea vanno di porta in porta in piccoli gruppi a chiedere “dolcetto o soldino fortunato”. A fine giornata, i residenti di tutte le età si radunano nella piazzetta centrale, dove – se capita, anche assieme ai visitatori – formano un cerchio e ballano la Danza Guozhuang.
Tradizioni e calore, dunque. Con la stessa gioia di chi, in altre parti del mondo, festeggia la promessa del futuro raccolto, la rinascita del Sole o – comunque la si chiami – la speranza che riparte. In attesa del Capodanno tibetano (Losar), che cadrà il prossimo 18 febbraio, un Nuovo Anno di Luce dunque agli abitanti di Pulan. Sotto il segno della Bellezza e della prosperità.