
Sembrano niente, ma i terreni erbosi hanno un ruolo essenziale nei cicli dell’acqua e dei nutrienti – senza dimenticare lo stoccaggio del CO2, quindi la riduzione delle emissioni in atmosfera. Così, per combattere la desertificazione sull’altopiano Qinghai-Tibet, vitale per 7 Paesi himalayani e almeno altri 5 dell’Asia di sud-est, nella regione si è sviluppata una vera arte della loro coltivazione. In grado di mitigare gli effetti sia dei cambiamenti climatici, sia delle (in)attività umane, compresi l’incuria e l’abbandono.
Per riuscirci, in base ai dati del rilevamento satellitare e a uno studio sul campo di 3 anni, un gruppo di ricercatori delle Università di Lanzhou e Pechino e dell’Accademia Cinese delle Scienze ha realizzato la mappa dei pascoli già coltivati nel periodo 1998-2021. Stabilendo sia le tipologie “vincenti” (principalmente, graminacee e legumi per l’alimentazione del bestiame), sia la crescita del verde: al 2021, oltre 1 milione e mezzo di ettari, dei quali un terzo nel Tibet e il resto nel Qinghai. Un risultato che, oggi, permette di gestire meglio lo sviluppo sostenibile ed equilibrato tra praterie di erbe spontanee, pascoli alpini coltivati e rispettive biodiversità naturali.
Come nella remota e arida Contea tibetana di Gê’gyai, nella prefettura di Ngari (“casa” dei due luoghi sacri per il Buddhismo e l’Induismo, il Monte Kailash e il Lago Manasarovar), dove – in una zona tra le meno popolate al mondo, a un’altitudine di oltre 4.500 metri e con il sostegno finanziario pubblico – gli abitanti hanno creato più di 200 ettari di pascolo. Frenando la desertificazione, migliorando la tenuta del suolo e generando sia una copertura, sia un reddito verde. Infatti, nel 2024, 239 ettari di pascolo stavano già dando i loro frutti – a beneficio di 800 residenti, per di più pastori, di circa 250 famiglie. Semina da maggio a giugno, irrigazione costante, pulizia periodica dai sassi e, a ottobre, quando l’erba supera il metro di altezza, raccolta. Quindi scorta di fieno per nutrire le proprie pecore durante l’inverno e vendita del resto, guardando al futuro allevamento ma anche all’ormai possibile eco-turismo.
Non solo nuove foreste, dunque: praterie e pascoli. A difesa dell’aria, del suolo, dell’acqua e della biodiversità. In fondo, della vita.
Pensando al terzo d’Italia a rischio desertificazione, un’arte – quella del Qinghai-Tibet – dalla quale ci sarebbe solo da imparare.