ALLA SCOPERTA DEGLI “ARMONICI”: I CANTI TANTRICI TIBETANI

Gli armonici sono multipli della nota fondamentale. Se chiamiamo la fondamentale ‘uno’, l’armonico ‘due’ vibrerà due volte la fondamentale, l’armonico ‘tre’ tre volte la fondamentale, e così via all’infinito.
Armonici, overtones, ipertoni, sono molti i modi in cui vengono chiamate queste strane presenze all’interno di una nota: segno di una profonda riscoperta di questo fenomeno sonoro, dei suoi misteri, del suo passato, delle sue prospettive terapeutiche.

La storia del canto con gli armonici si perde nella notte dei tempi. Anche se sono particolarmente evidenti nella tradizione tibetana e mongola, si può dire che in ogni cultura c’è una particolare attenzione per gli armonici, ma uno spazio a parte merita lo stile di canto dei monaci tibetani. Forse per il fascino estremamente primordiale dei suoni che producono per le loro voci che sono come il fuoco su cui aleggiano armonici paragonabili a voci bianche di bambini; forse perché la nascita di questo stile è legata a leggende, o forse perché esso è stato gelosamente tenuto segreto per millenni fino a quando, negli anni Settanta, tutt’oggi il canto tantrico tibetano, per un novizio, appare stupefacente.
Un primo aspetto interessante di questa pratica di canto è che non può essere insegnata. Se ne possono trovare alcune descrizioni e anche esercizi per metterlo in pratica, ma in realtà esso si apprende quasi per una sorta di ‘trasmissione’, quando il momento per la persona è giunto. Si racconta che una notte del 1433 il lama tibetano Je Tzong Sherab Senge sentì in sogno questo suono sorprendente e il mattino successivo lo ritrovò nella sua voce.
Il canto con gli armonici (overtone singing, canto difonico, canto armonico, diplofonie e triplofonie) più che una tecnica è una disciplina yogica, che permette di sintonizzarsi con l’energia del suono. Non a caso i mongoli e i tuvani lo utilizzavano nelle loro pratiche sciamaniche.
A riguardo, iI compositore tedesco Karlheinz Stockhausen afferma che gli esecutori, dopo le prove e svariate esecuzioni, non erano più le stesse persone di prima. II suono ha questo grande potere: non è tanto una medicina o una ricetta, quanto un agente trasformatore, che cambia la persona e la guida nel proprio cammino, rischiarando le sue più profonde aspirazioni.
Questi suoni via via più sottili, ricaricano la corteccia cerebrale, attivano la coscienza corporea e tutto il sistema nervoso. Si scopre così che il campo uditivo non ha limiti, e a un certo punto l’ascolto diventa così sottile da diventare pensiero, intenzione, intuizione.
Il segreto per cantare con gli armonici sta nell’imparare ad ascoltarsi lasciandosi contemporaneamente andare all’energia sonora. Questo perché noi stessi siamo un accumulatore di energia.

Lavorando su noi stessi, esercitando la voce in un giusto atteggiamento che richiede allo stesso tempo: respirazione addominale; decontrazione di uno schema corporeo correttamente riallineato e neutralizzazione di ogni interferenza affettiva e mentale, partiamo alla ricerca della nostra vera voce, di quell’unica voce.

Tradizione vuole che quest’arte abbia anche affinità terapeutiche. II canto con gli armonici non lascia mai indifferenti, sembra anzi avviare un processo di purificazione profonda. L’attivazione di frequenze acute permette inoltre una ‘ricarica’ della corteccia cerebrale (che si nutre per il 95% di stimoli sonori), prevenendo così stress, ansia, fatica. È possibile, inoltre, ‘proiettare’ i suoni armonici in svariate parti del cervello (i tibetani, per esempio, proiettano alcuni armonici nella ghiandola pineale).
Inoltre, nella terapia vocale, quando la voce esprime liberamente un’emozione bloccata, si producono armonici naturalmente.