PILLOLE DI BUDDHISMO: QUALE IL RUOLO DELLE DIVINITA’?

Per la nostra rubrica “Pillole di Buddhismo, cerchiamo oggi di chiarificare un argomento che risulta oscuro per chi conosce il Buddhismo solo superficialmente e non ha approfondito la scuola Tibetana. La letteratura è unanime nel ritenere che il Buddhismo è una religione priva di Divinità; alcuni in Occidente l’hanno definita addirittura “religione atea”. Non solo in Occidente, a dire il vero: persino maestri apparentemente tradizionali come il thailandese Buddhadasa Bhikkhu definiva il Buddhismo come ateo. 

In questo, tra l’altro, risiederebbe il principale motivo per cui il Buddhismo si sarebbe scisso dall’Induismo, essendo quest’ultimo basato sul culto sacrificale agli Dei. Come è possibile allora che il Buddhismo Tibetano sia pieno di “Divinità”, comunemente venerate dai praticanti del Lamaismo?Innanzitutto bisogna specificare che il problema delle Divinità nel Buddhismo varia in base alla scuola o corrente che stiamo esaminando, se si tratta di Buddhismo Hīnayāna, Mahāyāna o Vajrayāna avremo un approccio al “divino” diverso.

PILLOLE DI BUDDHISMO: QUALE IL RUOLO DELLE DIVINITA’?, Mirabile Tibet

Il Buddhismo primitivo, che corrisponde a ciò che viene spesso chiamato Hīnayāna, rifuggiva dal culto agli Dei. Il Buddha infatti non si è mai presentato come divinità, ma come uomo che ha raggiunto il nirvāṇa, la liberazione. Ed il nirvāṇa non consiste – in questo contesto – nell’unione con Dio, ma semplicemente nella cessazione dell’esistenza, paragonata nei testi sacri del Buddhismo più antico ad una fiamma che si spegne. E’ pur vero che poi, nel tempo, anche il Buddhismo Hīnayāna ha visto nascere l’usanza di creare statue del Buddha e pregarlo come se fosse una divinità. Tuttavia i monaci buddhisti più anziani ed esperti specificano che ciò viene fatto perché facilita la pratica spirituale del fedele, ma in realtà il Buddha – non essendo una Divinità – non è in grado di sentire le preghiere del devoto. 

Tuttavia è bene specificare che il Buddhismo antico non negava del tutto l’esistenza degli Dei. Al contrario, il Canone buddhista che riporta le gesta e gli insegnamenti del Buddha è pieno di racconti relativi alle divinità vediche (quali Indra, Brahmā, etc), ma esse sono semplicemente considerati esseri celesti non illuminati, al più si fanno protettori dell’insegnamento del Buddha. 

Tuttavia è con la corrente Mahāyāna, sviluppatasi secoli dopo la morte del Buddha storico, che i Buddha cominciano ad essere divinizzati. Infatti dal Sutra del Loto si comincia ad affermare che i Buddha non si spengono nel nirvāṇa al momento della morte fisica; in qualche misura, pertanto, essi continuano ad esistere e vivono in una cosiddetta Terra Pura (paragonabile ad un Paradiso). I Buddha ed i grandi Bodhisattva, continuando a permanere anche dopo la morte nelle loro sfere di esistenza illuminate (ognuno di loro ha la sua Terra Pura, o ne può creare una), possono sentire le preghiere dei devoti e così possono continuare ad intervenire nel nostro mondo. E’ abbastanza evidente pertanto che da qui ad immaginare i Buddha come Divinità il passo è breve. 

PILLOLE DI BUDDHISMO: QUALE IL RUOLO DELLE DIVINITA’?, Mirabile Tibet

Il Buddhismo Tibetano è basato sul Mahāyāna, ma possedendo i metodi tantrici fa un passo ancora in avanti in questa direzione. Si assiste infatti ad un moltiplicarsi di Divinità, che vengono rappresentate visivamente in modo quasi ossessivo e che riportano caratteri simili per certi versi a quelle indiane. Le Divinità sono molte ed ognuna presenta spesso varie manifestazioni; hanno molti colori, spesso molte braccia (in cui tengono vari oggetti simbolici) e svariati attributi. Queste Divinità non solo semplicemente pregate per un aiuto esterno, ma costituiscono il vero e proprio fondamento della via tantrica. Nel Buddhismo Tibetano la Divinità diventa la radice della realizzazione. Un famoso insegnamento del Buddhismo Tibetano infatti afferma “Queste sono le Tre Radici: il Lama è la radice della benedizione, la Divinità è la radice della realizzazione, i Protettori e le Dakini sono la radice dell’attività”. 

Come ci si rivolge alle Divinità in questa particolare forma di Buddhismo? Non è sufficiente la preghiera; è presente anche la pratica delle offerte (lampade con burro di yak, alcolici, cibi, etc), ma essa ha una importanza minore che nell’Induismo. Piuttosto, diventano fondamentali delle pratiche di meditazione molto complesse, che variano da sādhanā a sādhanā, in cui la Divinità viene visualizzata in modo intenso e particolareggiato. Solitamente, nella visualizzazione essa sorge dal vuoto: in questo vuoto sorge la sillaba seme del mantra della Divinità (che è una semplice vibrazione) e da questa sillaba sorge la Divinità su cui si sta meditando attorniata dal suo mandala. A volte la Divinità viene visualizzata fuori dal praticante mentre altre volte il devoto si identifica completamente nella Divinità. Essa infine si dissolve nuovamente nel vuoto da cui è sorta. Il tutto, ovviamente, recitandone il mantra. Così facendo si pensa di evocare dentro di sé ed assorbire le energie e le qualità della Divinità, che sono considerate espressioni della mente del Buddha.