TRA TIBET E SHOPENAUER, LE MONTAGNE NELLA LETTERATURA OCCIDENTALE, Mirabile Tibet

TRA TIBET E SHOPENAUER, LE MONTAGNE NELLA LETTERATURA OCCIDENTALE

Il Tibet ha sviluppato nei secoli una cultura con caratteristiche uniche e preziose; conoscerne almeno i tratti principali è importante per un nostro arricchimento personale. La regione è entrata nell’immaginario dell’occidente grazie ai racconti ed alle immagini che ci hanno trasmesso molti ricercatori che si sono appassionati ai contenuti ed agli sfondi naturali di una civiltà che ha prosperato per secoli difendendo una dimensione che dalla lontana Europa sembrava essere oltre i confini della leggenda.

La Montagna come divinità 

Grazie a questo interesse culturale i tibetani hanno trovato un motore che ha consentito di preservare l’essenza della loro cultura. Nonostante le difficoltà relative all’amenità della regione,  la maggioranza dei tibetani riesce a manifestare un incredibile spirito di serenità e devozione, che consente ai visitatori più sinceramente interessati di incontrare la loro magnifica civiltà. I luoghi più famosi ci comunicano la grandezza che fu espressa sul “tetto del mondo” ed ancora oggi possiamo ammirarne molti.

Un luogo ricco di leggende

I vasti altopiani del Tibet sono stati fonte di leggende e miti per le culture dell’Asia centrale, dell’India e della Cina fin dalle loro origini. Molti dei fiumi principali di queste regioni nascono sul “Tetto del Mondo e irrompono attraverso profonde gole nelle pianure irrigando le terre fertili che vanno dal Pakistan all’India, all’estremo oriente e alla Cina. La cultura vedica indiana, matrice delle grandi religioni d’oriente, vide nei maestosi corsi d’acqua il sostegno della vita agreste e individuò nelle loro sorgenti, tra le vette himalaiane, anche la dimora delle entità divine. Secondo questa mitologia si ritiene che lassù, ai bordi meridionali del grande altopiano, fosse collocato il luogo da cui giunsero i saggi rishi che portarono agli esseri umani le conoscenze necessarie all’evoluzione verso il bene e all’emancipazione dalla sofferenza.

Shopenhauer e il Buddhismo in Germania

Questa visione archetipa nel corso dei millenni è stata espressa in molte forme nelle diverse culture degli imperi asiatici che si sono succeduti attraverso le vicende della storia. Alcune di queste interpretazioni iniziarono a giungere in occidente attraverso i racconti degli esploratori e, dal XIX secolo, grazie al lavoro di ricerca di una ristretta cerchia di studiosi, la nostra cultura iniziò ad essere irrorata da un crescente insieme di frammenti di queste filosofie, come troviamo ad esempio negli scritti di un referente culturale dello spessore di Arthur Shopenhauer o in un padre del pensiero moderno come C. G. Jung.

La presenza del buddhismo in Germania comprende una storia di oltre 150 anni. Arthur Schopenhauer (1788-1860) fu uno dei primissimi pensatori tedeschi a rimanere influenzati da questa religione e filosofia orientale, così come lo attesta anche nella sua opera principale intitolata Il mondo come volontà e rappresentazione edita per la prima volta nel 1819. Schopenhauer costruì la propria conoscenza del buddhismo da altri autori occidentali dell’epoca quale l’esperto di orientalistica specializzato in lingua mongola e lingua tibetana Isaac Jacob Schmidt (1779-1847).

Una tradizione orale

Ma ritorniamo al nostro topic principale. Le radici più antiche del mondo tibetano sono frammiste alla leggenda ed alla mitologia trasmesse per tradizione orale. La scrittura venne introdotta solamente dopo l’VIII secolo, con una modalità unica nella storia dell’uomo: un impero fondato da ferocissimi guerrieri che terrorizzavano l’Asia, famosi per una determinazione indomabile che li portava a cercare la morte in battaglia, venne trasformato per scelta. Il re diede incarico a degli eruditi di creare una lingua scritta con lo scopo di tradurre fedelmente i testi sacri del buddismo ma che potesse, partendo dal sanscrito, seguire una fonetica tibetana.

Vennero invitati per un dibattito i saggi delle scuole buddiste indiane e cinesi e dopo un attento esame venne deciso che gli insegnamenti delle università monastiche indiane presentavano i requisiti di consistenza logica più validi pur mantenendo la potenzialità di produrre negli adepti dei forti poteri psichici. Iniziò così un processo di adozione culturale senza precedenti, condotto dai tibetani su se stessi con l’aiuto di un buon numero dei più grandi yogi e maestri indiani. Da quei lontani tempi la storia del Tibet venne caratterizzata da un alternarsi di vicende dinastiche e di alleanze esterne, dove ebbero un ruolo predominante i mongoli, con un’altalena di confronti anche per il potere temporale degli ordini monastici, ma preservando tra alterne vicende un modo di vivere relativamente tranquillo per la gente, che poté praticare gli ideali delineati dalla nuova cultura importata dall’India.

In questo peculiare contesto vi furono innumerevoli casi di persone di umile origine che divennero figure di riferimento grazie allo sviluppo delle proprie qualità spirituali. Il Tibet continuò così fino al XX secolo, senza preoccuparsi troppo di ciò che avveniva nel resto del mondo.