IL TURISMO NELLA REGIONE DEL TIBET (XIZANG), Mirabile Tibet

IL TURISMO NELLA REGIONE DEL TIBET (XIZANG)

  • by michele
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  • 13 Mar 2017
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Le autorità di Pechino inserirono il Tibet nel piano di sviluppo turistico nazionale, decisione cruciale per il futuro economico tibetano e il rilancio della regione. L’obiettivo dichiarato fu fissato nei quindici milioni di visitatori l’anno da raggiungere entro la fine del 2015, numero capace di sviluppare un giro di affari pari a diciotto miliardi di yuan.
L’industria del turismo del Tibet, dunque, si erge a emblema, bandiera, a simbolo del rilancio economico e salvifico di una delle regioni più arretrate della Cina; la risorsa strategica per lo sviluppo dell’altopiano in chiave moderna; il volano nel riequilibrio della provincia occidentale con le altre del territorio nazionale capace di dare alla popolazione l’accesso al benessere diffuso e nuove opportunità di lavoro, fattori salienti della trasformazione della società tibetana verso la modernità.
Gli investimenti nella provincia occidentale sono stati ingenti e volti ad attrarre non solo i visitatori stranieri ma anche (se non soprattutto) la stessa popolazione cinese. Da tempo Pechino ha raggiunto la piena consapevolezza di dover attingere a quell’immensa risorsa che è rappresentata dal più vasto mercato interno del mondo per sfruttare al meglio le potenzialità turistiche. Se, infatti, alle risorse provvede il patrimonio e la geografia di cui dispone la Repubblica Popolare, la popolazione provvede ad aumentare in modo esponenziale le possibilità per l’industria del tempo libero. E il governo centrale ha saputo sfruttare al meglio questa opportunità già a partire dagli anni novanta quando promise la leisure culture, implementando il sistema nazionale di vacanze con l’aumento dei giorni a disposizione dei lavoratori per godere del proprio tempo libero, al contempo una risorsa da consumare e una forma di accumulo di capitale. Se nel 1994 i turisti cinesi erano appena 524.000, nel 2013 sono stati circa 3,262 milioni ed hanno movimentato qualcosa come 26,276 milioni di yuan, 805 yuan pro capite (nel 1994 tale dato era di 195,3).
La Cina è diventata una delle destinazioni più popolari al mondo e, come conseguenza, l’indotto che ruota intorno ai viaggi è divenuto uno degli elementi di crescita di maggiore importanza anche per lo sviluppo economico non solo nazionale ma in primis regionale. La Regione Autonoma del Tibet non è, certo, rimasta esclusa dai benefici derivanti dal settore: basti pensare che nel 1995 sull’altopiano giungevano prevalentemente visitatori stranieri con una movimentazione di capitali pari a 11 milioni di dollari (attualizzati, pari a 9 milioni di euro), nel 2013 si sono registrate circa 13 milioni di presenze (+22% sul 2012) e entrate per 16 miliardi di yuan (2.4 miliardi di euro), un quinto dell’intero prodotto interno della regione. L’obiettivo, come detto in precedenza, è quello di portare 15 milioni di turisti in Tibet già nel 2015. Gli introiti derivanti dal turismo hanno portato ad una crescita dell’economia della provincia del 12% (+4.4% rispetto alla media nazionale) e attestato il prodotto interno intorno agli ottanta miliardi di yuan (circa 9.5 miliardi di euro, la metà derivante dalle attività del terziario), dato doppio rispetto a quanto fatto registrare nel 2009. In un tessuto economico dominato dalle attività primarie quali agricoltura e allevamento di bestiame, circa l’11% della popolazione della regione autonoma lavora nell’indotto turistico, di cui 5.000 nelle strutture recettive e circa un migliaio nelle catene di ristorazione. La regione più remota della Cina si è aperta al mondo, da territorio chiuso e isolato si è resa tassello dell’economia globale.
L’idea di operare una modernizzazione del Tibet non è certo nuova: a cavallo tra il XIX e il XX secolo, stimolata da potenze esterne (come l’Impero britannico), la via della modernità sin dall’inizio si focalizzava sullo sviluppo del traffico commerciale. È nuova l’idea di puntare ad una moderna tibetan way of life concentrando le forze e gli sforzi nel ramo turistico. Sin dal 1951, anno della liberazione della regione da parte dell’esercito popolare cinese, il Tibet è entrato nel flusso modernizzatore dal momento che numerosi cambiamenti si sono verificati a vari livelli: la società tibetana, considerata come feudale, arretrata e sottosviluppata, si relazionava con le necessità di modernizzare le strutture economico-sociali dell’altopiano. A livello centrale, sotto la spinta riformatrice avviata da Deng Xiaoping, le autorità di Pechino considerarono il turismo la chiave di sviluppo delle regioni popolate dalle minoranze etniche e per questo scopo liberarono ingenti risorse per rendere avanzate le tradizionali vie di comunicazione all’interno dei confini della regione ridisegnandone la mappa dei collegamenti. D’altronde la piena realizzazione di uno sviluppo economico da raggiungere attraverso l’industria turistica non poteva prescindere da un’estensione della rete stradale, del traffico aereo e della costruzione di nuove ferrovie, oltre a ponti, tunnel, case, nuove linee di fornitura elettrica e esperienze di energia alternativa. La funzionalità dei trasporti porta seco la crescita dei turisti che, va da sé, stimolano la crescita, in numero ed in qualità, dei servizi correlati al soggiorno quali ristoranti, alberghi, agenzie di viaggio e negozi.
Nell’immaginario collettivo, in ogni dove, il Tetto del Mondo è sinonimo di mistero e inaccessibilità, di isolamento e spiritualità, di distacco terreno e di avvicinamento al cielo, un brand intorno al quale sviluppare una narrazione turistica intorno al concept della promozione delle attrazioni autoctone e della cultura indigena, così diversa e affascinante, abile nello sfruttare appieno le opportunità derivanti dall’appeal esotico e del semplice e tradizionale way of life della regione. Per Du Jiang, vicedirettore del China National Tourism Administration, il Tibet è l’ultimo classico tesoro sulla mappa, con i suoi misteri religiosi e i molti siti storici.
Lo sviluppo infrastrutturale della regione autonoma riguarda anche la rete stradale: l’antico Tibet non aveva strade in senso moderno mentre, ad oggi, è attraversato da 9.000 km di superficie di strade. Ogni provincia e borgata ha accesso al trasporto su strada, 62 contee sono raggiungibili da strade asfaltate, sono state costruite 15 tra autostrade e superstrade per un totale di 22.500 chilometri: l’arteria asfaltata Qinghai-Tibet, lunga 2.122 km, corre lungo l’asse Xining-Golmud-Lhasa ed è conosciuta come la linea vitale dei trasporti su strada, in quanto l’80% delle merci che arrivano in Tibet passano di qui; l’altra autostrada, quella del Sichuan, ha due diramazioni: una a nord, da Chengdu a Lhasa attraverso Gangtong e Qamdo corre per 2.415 km; la seconda a sud, da Chengdu a Lhasa attraversando Zogang e Bangda per 2.136 km, rappresenta il mezzo principale per collegare il Tibet alle altre province della Cina sud-occidentale.
L’autostrada Xinjiang-Tibet, invece, parte da Yecheng e si estende per un totale di 2841 km ma la maggior parte di questi si snodano per lande disabitate e mal rifornite di carburante mentre la via Yunnan-Tibet si interrompe nello Shangri-La, raggiunge poi la Contea Markam, Tibet, con una lunghezza di 800 chilometri. A testimonianza del pensiero multi-nodale e integrato tra infrastrutture e turismo, nel 2011 fu aperta al traffico la prima autostrada interna all’altopiano da Lhasa all’aeroporto Gonggar della capitale dal quale ogni anno, nei mesi dediti alla ricezione turistica (aprile-ottobre), registra 40 voli settimanali programmati. Inaugurato nel 1965, questo scalo è adesso affiancato da altri quattro aeroporti serviti da nove compagnie aeree operanti nella regione: il Banda Airport (Qamdo), il più alto al mondo (4.400 metri) e quello dotato della pista più lunga (5.5 km), il Mailing Airport (Nyingchi), il Gunsa Airport (Ngari) e il Heping Airport (Shigatse). Nel 2014 il Tibet ha aperto nove nuove rotte, portando le linee a 57 e collegandosi a 34 città della Cina.
La regione autonoma dispone di una propria compagnia “di bandiera”, la Tibet Airlines che raggiunge 23 destinazioni con una flotta di 10 velivoli. Negli ultimi giorni del 2014, riprendendo l’invito che fu di Deng Xiaoping (“ai visitatori del Nepal deve essere permesso di raggiungere il Tibet. Questo renderebbe felici le persone del Nepal”), Wang Yi, Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese, ha rilanciato il ruolo del turismo in chiave strategica nell’apertura dell’altopiano (e della Nazione) agli altri Paesi dell’Asia meridionale, soprattutto il Nepal, uno dei più importanti vicini della Cina. Sviluppare e stringere legami con Kathmandu è una delle priorità di Pechino incoraggiando la Regione Autonoma del Tibet a vitalizzare la cooperazione e gli scambi con il vicino. Inoltre, il Governo centrale ha annunciato ufficialmente il progetto di collegare, entro il 2020, la città di Lhasa con le frontiere delle confinanti India, Nepal e Bhutan probabilmente con una tratta in direzione dello Stato indiano dell’Arunachal Pradesh.
di Marco Costa