
A gennaio, un primo e importante terremoto nella prefettura di Shigatse – casa di migliaia di templi e 19 monasteri, alcuni dei quali (come Samye, Sakya e Tashilhunpo) di grande peso per il Buddhismo tibetano. A metà maggio, un altro piccolo sisma, a far temere per l’enorme patrimonio di Storia, Spiritualità e Arte della regione. In entrambi i casi, buone notizie per il Monastero Sakya. Edificato nel 1073 ma “resiliente”, grazie ai preventivi, tempestivi e lungimiranti lavori di consolidamento del 2019 e del 2024.
Lavori che, fortunatamente, hanno riguardato il pilastro centrale della sala principale, alcune travi inclinate e il tetto, per il quale la squadra d’intervento cinese ha rifatto il composto tradizionale di argilla e pietrisco chiamato dai tibetani “terra Aga” o “terra dell’Altopiano”. Con il risultato di vedere, e dopo ben due terremoti, zero danni strutturali e soltanto poche crepe: nel muretto basso attorno al tetto, tipico dell’architettura tibetana, e nei murales al secondo piano, risalenti alla dinastia Ming. In quanto ai reperti artistici nelle vetrine del Monastero – come le porcellane bianche e blu della dinastia Yuan, le scritture su foglia e i thangka – i lama hanno provveduto a metterli al riparo in un’altra sala. Compresa l’enorme collezione di scritture antiche.

E qui facciamo un passo indietro, fino al dominio mongolo nel Tibet. Quando il forte legame del Kublai Khan con il Buddhismo tibetano fa sì che il Monastero di Sakya diventi nel tempo un vero centro politico ed economico e un “magnete” culturale. Oggi visibile nell’impressionante ‘Muro delle Scritture’, contenente 84mila volumi (avvolti in stoffe preziose) di Letteratura, Storia, Medicina, Astrologia, Matematica e – beninteso – Spiritualità. Realizzati dai migliori scribi e artisti tibetani dell’epoca utilizzando oro, argento, vermiglio e inchiostro su una carta rinomata per la sua qualità. Parliamo di testi in Sanscrito, Tibetano, Cinese e Mongolo, che includono i principali canoni Buddhisti come Kangyur e Tengyur (“Traduzione della Parola” e “Traduzione dei Trattati”) e che incarnano secoli di incontri, confronti e reciproche influenze culturali e spirituali.
Un archivio multidisciplinare e multiculturale, su uno scaffale largo 60 metri e alto 10, che rappresenta uno dei maggiori repertori di manoscritti sanscriti e tibetani al mondo. Dal 2012, all’attenzione di 7 monaci che lavorano alla loro digitalizzazione – riuscendo a coprire finora 7mila pagine di 3mila volumi. Un lavoro davvero certosino, svolto in parallelo a quello del restauro, la preservazione e la digitalizzazione dei thangka, dei murales e degli stupa a opera di altri 60 monaci sui 200 del Monastero. Secondo l’amministrazione locale, la Contea di Sakya conta quasi 88mila siti di interesse culturale – ragione per la quale investe ogni anno quasi 2.2 milioni di yuan (più di 262mila euro) nella loro protezione, dei quali 500mila yuan (circa 60mila euro) per il Monastero Sakya. Fondi chiaramente aumentati dopo il terremoto di gennaio e confermati per il futuro, almeno fino al completamento dell’opera di restauro e messa in sicurezza di questo patrimonio antico e prezioso – e non solo per il Tibet.