
Lungo il margine nord-orientale dell’altopiano Qinghai-Tibet, tra le province del Qinghai e del Gansu, un altro Parco molto speciale – quello dei Monti Qilian: ecosistema con caratteristiche uniche al mondo e dimora di 396 specie selvatiche, delle quali 340 di uccelli e 47 di mammiferi, appena catalogate nel primo Atlante dedicato alla sua biodiversità.

Ogni mattina, un soccorritore 35enne di nome Ma, a capo del Centro di riabilitazione del Parco, prepara i diversi pasti per poi, nel pomeriggio, pulire i rifugi e curare le ferite degli animali. In un luogo nato nel 2022, completo di un laboratorio, una sala operatoria e un’area di trattamento, nel quale le terapie sono personalizzate e che ha accolto finora più di 200 animali di 36 specie. Compresi i Felini del deserto (Gatto delle sabbie e Gatto di Biet), Gru dal collo nero (da marzo, simbolo di Lhasa), Leopardi delle nevi e Bharal (cosiddette ‘Pecore blu’) – tutti sotto protezione nazionale.

In un primo momento, nel quale gli animali soccorsi si affidano ai 12 uomini del Centro 24 ore su 24, si tratta di salvare loro la vita e di nutrirli senza addomesticarli; poi, se sopravvissuti e guariti, di aiutarli – progressivamente – a tornare nella Natura. Cosa non facile né nel caso degli animali adulti, di grossa taglia o troppo timidi (come, per esempio, i caprioli), che pertanto “non collaborano”, né in quello dei giovani rapaci o erbivori, che – al contrario – tendono ad affezionarsi troppo.

Per tutti, si tratta di conoscerli e amarli abbastanza da ideare un piano di salvataggio e rilascio su misura. Perché ogni singola vita recuperata potrà sia portare avanti la propria specie, sia insegnare nel frattempo agli umani. Esperti e non – inclusi i visitatori di ogni lunedì, mercoledì e venerdì. Come racconta Ma, “quando la gente vede una creatura ferita da vicino, la comprensione e la compassione rafforzano la consapevolezza”. “Ho sentito concludere a un bambino in visita che ‘gli animali selvatici hanno una vita difficile’: ecco, questo potrebbe essere l’inizio della protezione”.

Da qui, anche l’importanza dell’Atlante. Che, oltre alle bellissime fotografie in alta definizione, per ogni specie precisa il nome scientifico, la classificazione, le caratteristiche morfologiche, le abitudini, la distribuzione geografica negli oltre 50mila chilometri quadrati del Parco e lo status di conservazione secondo i criteri internazionali. In un ecosistema che, come dicevamo in apertura, dalle cime innevate e i ghiacciai al deserto del Gobi e dai prati alle foreste e alle zone umide, copre uno spettro completo di habitat. Per la gioia dei ricercatori e dei rangers ecologici ma anche dei birdwatchers, dei fotografi e di tutti gli amanti – grandi e piccoli – della Natura in alta quota.