
Parola-chiave: STEM. Cioè Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica: le stesse materie grazie alle quali, negli ultimi 6 decenni, l’aspettativa di vita sull’Altopiano tibetano è passata da poco più di 35 a oltre 72 anni. Con prospettive ancora migliori per via di un nuovo visto, super-snello e “operativo” dal 1° ottobre, che ora andiamo a scoprire.
Pensato per i giovani di talento, il visto K sarà rilasciato ai professionisti che hanno conseguito una laurea triennale o superiore in una o più delle materie STEM, oppure che sono impegnati in ricerche o attività formative correlate, presso Università o Istituti di ricerca riconosciuti. Pertanto, rispetto agli atri tipi di visto esistenti, il K promette di essere migliore in termini di frequenza degli ingressi, periodo di validità e durata del soggiorno. Soprattutto, basato soltanto sull’età, il tipo di formazione e l’eventuale esperienza già acquisita dopo gli studi – senza quindi richiedere l’invito o la “sponsorizzazione” da parte di un datore di lavoro cinese.
Obiettivo? Sviluppo che richiami talenti che generino altro sviluppo, attraverso un’apertura in controtendenza alle restrizioni sui visti altrove.
Tra i testimonial di eccellenza di questa iniziativa, Dambaru Ballab Kattel – Professore associato dell’Istituto di Ricerca sull’Altopiano Tibetano (Institute of Tibetan Plateau Research) dell’Accademia Cinese delle Scienze. Nepalese di nascita, primo studente straniero a laurearsi qui, post-dottorando in Germania e oggi docente nella “sua” Accademia. Così consapevole dell’importanza della cooperazione e degli scambi nella crescita accademica e professionale da dirigere progetti internazionali, peraltro concentrati sulle tendenze del e l’adattamento al cambiamento climatico. Come il ‘Programma Ambiente del Terzo Polo’ (Third Pole Environment Program), che tenta di mitigare e migliorare la situazione della regione himalayana e dell’altopiano Qinghai-Tibet – vitali per la sopravvivenza e il futuro di almeno 9 se non 12 Paesi asiatici, cioè di quasi la metà della popolazione mondiale. “Il visto K è un passo significativo, che chiama i giovani del mondo ad ampliare le loro conoscenze e coinvolge la prossima generazione nell’innovazione globale”.
Innovazione che, come dicevamo in apertura, sull’Altopiano tibetano ha già dato i suoi primi frutti. Perché, al di là degli enormi investimenti in denaro, il ripristino di interi equilibri ecologici e il raddoppio dell’aspettativa di vita sono stati possibili grazie principalmente ai nuovi professionisti tibetani e cinesi della Scuola, della Sanità, dell’Ambiente e delle Infrastrutture – senza dimenticare il recupero, la tutela e la trasmissione dei mestieri artigianali e delle Arti.
Ed eccolo, il circolo virtuoso. Prima, il lavoro: nuovo, come le professioni green, oppure antico, ma sostenuto dall’innovazione tecnologica e digitale, quest’ultima usata anche nel recupero, restauro e preservazione dell’enorme patrimonio storico-culturale. Poi, l’istruzione – che, per le bambine diventate madri, si è tradotta in una migliore condizione economica, alimentazione, igiene e salute anche dei loro figli. Nel frattempo, la costruzione di una rete di assistenza sanitaria che combina il meglio della Medicina tradizionale tibetana con il meglio di quella cinese, altrettanto antica e tecnologicamente avanzata. Infine, le infrastrutture – per la fornitura di acqua potabile pulita e di energia verde (solare, eolica, idrica e dei sali fusi), la mobilità sostenibile e le comunicazioni offline e online. A creare ulteriore lavoro, reddito, benessere e sviluppo.