LA SECONDA VITA DEI TAPPETI TIBETANI

  • by Redazione I
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  • 17 Ott 2025
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LA SECONDA VITA DEI TAPPETI TIBETANI, Mirabile Tibet


Sembra strano, ma alcuni dei tappeti dell’aeroporto internazionale di Dubai, di diverse navi da crociera e degli alberghi di Las Vegas provengono dal Qinghai-Tibet. Cioè, da una tradizione lunga 3mila anni, famosa per la lana di pecora dell’Altopiano (changphel), il metodo di annodatura – diverso da tutti gli altri nel mondo – e la bellezza, talvolta intrecciata alla meditazione tantrica.

Nel XIX secolo, i tappeti tibetani usano pochi colori e poche geometrie: robbia, fiori di indaco, rabarbaro e noce (quindi rosso, blu, giallo e marrone), con l’aggiunta di qualche altra pianta per il verdastro, e forme a scacchiera o medaglione alternati a motivi decorativi d’ispirazione cinese. Nei primi anni ’90, tutto questo cambia: allargando tavolozza e fantasia, recuperando l’antica Arte dai pastori nomadi che – dalle sedute nelle tende alle selle dei cavalli – l’hanno trasmessa per generazioni e tornando a essere tra i più desiderati al mondo.

LA SECONDA VITA DEI TAPPETI TIBETANI, Mirabile Tibet


Si comincia con la scelta della lana migliore. Cioè, dalle parti giuste (come, per esempio, il collo) delle pecore tibetane che vivono a oltre 4mila metri – le uniche in grado di donare delle fibre pure di colore, lunghe e resistenti. Poi si passa al lavaggio a mano, separando le bianche (più adatte alla tinteggiatura) da quelle nere o grigie e mettendole ad asciugare al Sole, e alla cardatura con spazzole di legno, fino a ottenere una lana soffice e leggera. Infine, si procede con la filatura che, in base al colore e all’uso per la trama (solitamente più spessa e più larga) o l’ordito (più sottile e stretto), determinerà lo spessore delle fibre. Il resto, dagli strumenti utilizzati alle annodature e le tecniche di tessitura, rimane “segreto del mestiere”.

LA SECONDA VITA DEI TAPPETI TIBETANI, Mirabile Tibet


Oggi, le fabbriche sono tante – due delle quali a Lhasa, “il luogo degli Dei”, entrambe sulla stessa via del Monastero Sera. Ma uno dei maggiori produttori di tappeti tibetani si trova a Xining, nella provincia del Qinghai. Una struttura partita nel 2007 con sole 20 persone, che combina il lavoro a mano di oltre 200 residenti – “eredi” di questo patrimonio artigianale antico – con quello di poche macchine e le cui vendite in Europa, Medio Oriente, Nord America e Australia stanno superando i 12 milioni di euro all’anno. Per due ragioni principali: lo spessore del filato, di solo un ottavo rispetto a quello dei tappeti tradizionali (a rendere le creazioni più raffinate e più durevoli), e la tavolozza di colori, che oggi conta ben 40mila tonalità.

LA SECONDA VITA DEI TAPPETI TIBETANI, Mirabile Tibet


Un passaggio quasi epocale, dall’Altopiano al mondo. Perché se, storicamente, i tappeti tibetani sono presenti soltanto nelle case delle famiglie benestanti e nei monasteri (dove servono come runners lungo i corridoi, come cuscini dei monaci, come avvolgimenti delle colonne nelle “sale riunioni” e – beninteso – come sedute per le preghiere), oggi vengono esportati ovunque e usati per arredare ma anche come arazzi e persino letti. Nel caso della fattoria di Xining, al prezzo di 50-60mila yuan (6-7mila euro) a metro quadro, per completare il quale un artigiano tibetano lavora quasi un anno. Nel caso delle aste e vendite online, purtroppo a molto meno – in funzione soltanto dell’età (a privilegiare quelli antichi), delle dimensioni, del numero di nodi e del disegno, tradizionale o contemporaneo.

Fortunatamente, i veri estimatori non mancano. Tant’è che – per la loro lana, tecnica unica, morbidezza, durevolezza e bellezza – i tappeti tibetani sono considerati, assieme a quelli persiani e indiani, tra i tre tradizionali più prestigiosi al mondo. Da apprezzare, rispettare e possibilmente amare, con gratitudine per la cura e la fatica in ogni fibra di questa antica Arte.