UN TUFFO NELLA STORIA ARCHITETTONICA BUDDHISTA, Mirabile Tibet

UN TUFFO NELLA STORIA ARCHITETTONICA BUDDHISTA

  • by Redazione
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  • 19 Dic 2017
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I più antichi reperti buddisti pervenuti sino a noi sono le colonne (sthambha) su cui l’imperatore Asoka (273-232 a.C.), della dinastia Maurya (320-185 a.C.) fece incidere editti per diffondere il dharma. L’abaco di tali colonne è ornato da figure di animali, come l’elefante, il leone o il toro, resi con una forte connotazione realistica. La mancanza di altri resti architettonici ci fa supporre che la primitiva architettura buddhista dell’India fosse costituita da elementi poco resistenti all’usura e particolarmente fragili come legno, terracotta e avorio.

Due tipologie architettoniche sviluppatesi nel buddismo sono i santuari (caitya) e i monasteri (vihara).Tutti gli esempi più antichi di tali edifici giunti sino a noi vennero scavati in grotte artificiali, mentre di quelli costruiti in legno o mattoni non ci restano che le fondamenta. Il Santuario di Bhaja del II secolo a.C., presso l’odierna città di Mumbai, ha la tipica pianta basilicale conclusa da un’abside circolare che sarà ripetuta in tutti i caitya successivi. La navata del santuario, preceduta da un portico, ha una fila di colonne che si aprono sull’abside, il sancta sanctorum, dove vi è un piccolo stupa (dagoba) che è l’immagine simbolo da venerare. Nei primi santuari l’influenza dell’architettura in legno è molto evidente, per esempio nel portico monumentale ad arco carenato che ne sovrasta l’entrata riproducente quelli realizzati in legno per l’architettura urbana. Altro elemento derivato dall’architettura lignea è il kudu, motivo decorativo formato da piccoli abbaini che riprendono in scala la forma dell’arco d’ingresso, all’interno del quale vengono raffigurate piccole intelaiature in prospettiva.

La struttura basilicale si ritrova anche nei caity successivi scavati nella roccia a Kanheri, Karli e nell’importante centro di Ajanta, in cui le componenti dei santuari diventano più elaborate con capitelli a forma di vaso (ghata), mentre il dagoba principale, superata la primitiva fase aniconica, viene ornato con figure di budda e bodhisattva. Unico santuario del periodo Gupta (320-600 d.C.) non scavato nella roccia è il tempio n. 17 di San-ci del V secolo d.C. Esso ha struttura cubica, simile a quella di un tempio greco e poggia su una base a gradoni rettangolare con un portico sorretto da pilastri con abachi aventi leoni scolpiti e una cella per l’immagine sacra (garbhagrha). L’architettura rupestre dei templi, abbandonata definitivamente in India dopo l’VIII secolo d.C., si era diffusa in altre aree dell’Asia. A Kyzyl e Questura in Asia centrale, nell’oasi di Kucha, vennero scoperte grotte decorate con meravigliosi affreschi del IV-VIII secolo d.C.; in Cina vi sono grandiosi complessi scavati nella roccia a Young-kang nello Shanxi (V secolo d.C.) e Lung-men nello Honan (VII secolo d.C.). La tradizionale struttura a caitya del santuario, pur con le necessarie variazioni, si diffuse in gran parte delle aree di tradizione buddista. I templi spesso vennero inclusi nella strutture dei grandi monasteri.