
La storia di Xi Zhinong, il fotografo protettore di specie a rischio. Anche dell’Altopiano tibetano
Nativo dello Yunnan, nel sud-ovest della Cina, il sessantenne che da quattro decenni si dedica alla vita selvatica è uno dei più influenti fotografi ambientalisti al mondo. Come eccezionalità delle immagini, certo, ma soprattutto come potenza di impatto. Tale da fermare interi cantieri o bloccare progetti di deforestazione minaccianti gli habitat, ispirando così popolazioni e generazioni.

Tutto comincia nel 1984, a un anno dalla laurea, con il desiderio di fotografare uccelli in volo. Desiderio che nel 1990 diventa una ricerca sulla Gru tibetana (“dal collo nero”) che, tra il 1992 e il 1994, si trasforma in preoccupazione per alcune specie. Come le schive scimmie “dal naso camuso”, che richiedono tre anni e sei spedizioni prima di concedergli un primo piano frontale. Tre anni che, però, permettono a Xi di scoprire un progetto di abbattimento dei loro alberi da parte di un’azienda di legname, di inviare una lettera a un consigliere pubblico e di salvare la loro casa. Una delle fotografie viene pubblicata sul National Geographic Magazine nel 1995, accendendo così anche i riflettori internazionali.

Nel 1997, Xi è sull’altopiano Qinghai-Tibet, alla ricerca delle antilopi tibetane seriamente in pericolo per via del bracconaggio dilagante. Grazie alle sue fotografie, la notizia si diffonde e sia la remota zona delle antilopi (Hoh Xil, dal 2017 patrimonio UNESCO), sia l’area del Sanjiangyuan – rifugio di moltissime specie – vengono messe sotto protezione. Una nuova consapevolezza, che negli anni porta alla creazione del maggiore Parco naturale della regione e alla salvezza delle antilopi tibetane, passate da 60mila a 400mila.

La storia si ripete con il Leopardo delle nevi, quasi scomparso dal Qinghai-Tibet e sul quale Xi – assieme a 40 nomadi nel frattempo appassionati – realizza un film. Cominciando dalle immagini di una madre e dei suoi due cuccioli in una grotta a 5200 metri, fatte salendone 500 ogni giorno per oltre un mese. In totale, sei anni di lavoro (dal 2016 al 2023) che riescono a mutare la percezione della popolazione verso la sorte di queste magnifiche creature oggi tornate sull’altopiano. E anche verso le “priorità” della vita, tant’è che molti giovani cominciano a usare i soldi guadagnati con la vendita dei funghi non più per comprare moto bensì macchine fotografiche con le quali seguire l’esempio di Xi.

Che nel frattempo, nel 2017, è anche alla guida di una intensa campagna per la salvezza dei Pavoni verdi. Rimasti in meno di 500 e minacciati, proprio nello Yunnan, dal progetto di una diga idroelettrica. L’impegno di Xi diventa mobilitazione delle organizzazioni ambientaliste, causa civile, sentenza a favore e sospensione della costruzione. Soprattutto, un modello. Anche per le 800 persone che Xi forma in 20 anni, alcune delle quali oggi responsabili della gestione dei tanti Parchi naturali.
Tantissime fotografie, una lettera, un messaggio televisivo, qualche conversazione social e un documentario: tutte missioni compiute, segno che la Bellezza può davvero salvare il mondo.