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LA GRANDE FIGURA DI IPPOLITO DESIDERI, Mirabile Tibet

LA GRANDE FIGURA DI IPPOLITO DESIDERI

  • by Redazione
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  • 30 Set 2017
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Ippolito Desideri nacque a Pistoia il 20 dicembre 1684 e, non ancora sedicenne, nel 1700, entrò a Roma nella Compagnia di Gesù formandosi nel prestigioso Collegio Romano, dove, per le sue grandi doti logico-filosofiche e il suo ardore appassionato teso alla salvezza del prossimo, venne scelto dal suo superiore, il preposito generale Michelangelo Tamburini, per la difficile missione nella allora lontana, misteriosa e quasi inaccessibile terra del Tibet, oggetto di tentativi infruttuosi da parte della stessa Compagnia nel secolo precedente.

Il fascino delle “Indie” era sicuramente ispirato dalle esperienze di Francesco Saverio, Alessandro Valignano, Matteo Ricci, Roberto de Nobili e dalle avventure narrate da Daniello Bartoli; il giovane Ippolito aveva comunque non trascurabili esempi anche fra i suoi concittadini, che comprendono il gesuita Giuliano Baldinotti (Pistoia 1591 – Macao 1631), buon matematico, primo missionario nel Tonchino (Vietnam) e Arcangelo Carradori, missionario francescano in Alto Egitto fra il 1630 e il 1638 e autore di un dizionario Italiano-Nubiano, il primo redatto per una lingua africana sub-sahariana.

Desideri partì da Roma il 9 settembre 1712, prima ancora di aver terminato il regolare corso di studi, e dopo un viaggio avventuroso, per mare e per terra, giunse a Lhasa il 18 marzo 1716. Il viaggio si snodò da Goa, la “Roma dell’Oriente”, centro di irradiazione del cristianesimo nell’Asiameridionale ed orientale, a Delhi, Lahore, Srinagar in Kashmir con il difficoltoso superamento dei monti Pir Panjal, primi contrafforti della catena himalayana; poi, per le aspre giogaie montane del Karakorum solcate dalle acque dell’Indo e dei suoi affluenti, giunse a Leh, in Ladakh, e, infine, nella capitale del Tibet, dopo la lunga ed estenuante traversata delle gelide solitudini dell’altopiano transhimalayano. La relazione di viaggio è ricca di acute osservazioni storiche, geografiche, antropologiche, sociologiche e naturalistiche, rese sempre con stile letterario limpido e poeticamente espressivo.

A Lhasa il missionario, ben accolto e sostenuto nei suoi studi, si meravigliò di questa apertura e del fatto che le idee da lui proposte fossero accolte con favore, anche se i tibetani non ne accettavano l’unicità salvifica, rimanendo stabili nella convinzione «che ciascuno nella sua legge possa salvarsi» (MITN V, 193).

Desideri, impadronitosi perfettamente della lingua tibetana, penetrò nelle più profonde concezioni del buddhismo, e le descrisse mirabilmente, discutendone i fondamenti in cinque libri scritti direttamente in tibetano. Il lavoro fu però forzatamente interrotto quando, dopo cinque anni di permanenza in Tibet, il 28 aprile fu costretto a lasciare Lhasa, sulla base di una ingiunzione vaticana, in quanto la Congregazione de Propaganda Fide aveva affidato la missione del Tibetall’ordine rivale dei Cappuccini. Lasciato a malincuore il Tibet il 14 dicembre 1721 (si era trattenuto fino allora nella località confinaria di Kuti), Desideri rimase vari anni in India, finché il 21 gennaio 1727 si imbarcò da Pondicherry per l’Europa, dove giunse, a Port-Louis nella bassa Bretagna, il 22 giugno 1727. Attraverso la Francia, e la navigazione Marsiglia-Genova, arrivò in Italia e, dopo una breve sosta a Pistoia, sua città natale, e a Firenze, rientrò il 23 gennaio 1728 «prosperamente a Roma quindici anni e quattro mesi dopo [esservi] partito per andare alle missioni delle Indie Orientali» (MITN VII, 107).

Il rientro fu tuttavia poco prospero per lui in quanto il suo ordine era in disgrazia e la sua speranza di tornare in Tibet fu definitivamente frustrata, mentre gli venne impedito di pubblicare la relazione già predisposta per la stampa e di trattare in qualsiasi modo degli argomenti della sua missione: in beata solitudine, nella Casa professa della sua Compagnia a Roma, morì il 13 aprile 1733.

La Relazione della sua missione contiene una completa e approfondita descrizione di quasi tutti gli aspetti della vita e della cultura tibetana e specialmente della religione, sia nelle sue manifestazioni esteriori, sia nei suoi fondamenti filosofici. Tutti gli scritti di Desideri rimasero nascosti e dimenticati per secoli negli archivi, e dopo che furono scoperti attesero a lungo la  pubblicazione e soprattutto una adeguata considerazione in relazione al loro valore. La vita e l’opera di Desideri sta oggi ricevendo, come merita, l’attenzione degli studiosi di vari ambiti disciplinari, per il suo interesse storico e per quanto ha da insegnare ancora oggi a tre secoli di distanza.

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