
Ebbene, sì: come per l’Arte contemporanea e i suoi nuovi spazi a Lhasa, esiste una Letteratura tibetana contemporanea. E, siccome dagli anni ’70 le scuole dell’Altopiano sono aperte anche alle ragazze, non è – come da tradizione – tutta al maschile.
Per una Cultura principalmente orale, che per più di un millennio ha visto la scrittura (strettamente legata agli insegnamenti buddhisti) quasi come un privilegio dei monasteri, della gerarchia religiosa e di alcune figure del governo laico, decisamente una novità. Implicitamente contenuta però in un termine tibetano che, mentre definisce le nove qualità di un uomo pienamente adulto, ne dedica quattro alla “maestria” delle parole. Quindi alla capacità di ricordare, raccontare, argomentare e persino disquisire.
Così, nel Museo di Letteratura Moderna di Pechino, il più grande al mondo nel suo genere, di recente è stata inaugurata una mostra dedicata proprio agli scrittori e alle opere tibetani degli ultimi 60 anni. Presentati in ordine cronologico e con un progetto spaziale che crea sui corridoi del Museo come un’onda di pensieri ed emozioni nel Tempo – compresi quelli della prima autrice tibetana di romanzi nella storia letteraria dell’Altopiano. Perché, negli ultimi 60 anni, sono state scritte e pubblicate più di 500 opere, alcune delle quali già celebrate con importanti Premi letterari.
Parliamo principalmente di Poesia e di Saggistica, per di più bilingue – cioè sia in Tibetano, sia in Cinese – e, come per le Arti plastiche sul ‘Tetto del Mondo’, di influenze tibetane, asiatiche e occidentali. Che spaziano tra memorie, prosa documentaristica, antologie e Giornalismo, con diverse “incursioni” nel Realismo magico e nell’Avanguardia, lo sguardo sullo “spirito dei tempi”. Cioè, sulla complessità del rapporto tra tradizione e modernità e sull’esperienza spirituale individuale – identità culturale compresa – in una società globale e in continua (oltre che veloce) trasformazione.
Tra gli autori che potremmo presto cominciare a conoscere: Sonam Tsering, tibetano, conosciuto per i testi di un documentario televisivo di 15 episodi sulle bellezze naturali del Tibet; Tashi Dawa, sino-tibetano di nascita e docente all’Università del Tibet, le cui opere sono state tradotte in nove lingue compreso l’Italiano, famoso per il romanzo ‘The Fury Shambhala’ e per alcuni racconti brevi diventati un film (‘Soul on a String’) nel 2017; infine, Ma Lihua, di origine cinese, che ha cominciato nel 1976 con la Poesia per poi dedicarsi – e con successo – alla prosa documentaristica dedicata all’Altopiano tibetano.
Ebbene, sì: in un mondo di dispositivi elettronici, di dita e di “scorrimenti”, nel Tibet si scrivono (e si leggono) ancora libri. Abbastanza da avere una Federazione della Letteratura tibetana e riempire l’intero secondo piano di un museo con manoscritti, volumi pubblicati, attestati e trofei, in una mostra che rimarrà aperta fino al 22 dicembre.