
Centinaia di sfollati e dozzine di dispersi, la macchina dei soccorsi lavora a pieno ritmo
A una settimana dall’evento che ha colpito la zona di frontiera, facendo peraltro crollare il ‘Ponte dell’amicizia’ davanti alla Porta di Gyirong e distruggendo le dighe idroelettriche e le centrali a valle, ecco cosa sappiamo.

Il giorno dopo, il Tibet contava 11 dispersi (dei quali 9 operai edili e 2 addetti alla manutenzione stradale) e 350 sfollati, subito trasferiti negli alberghi locali; il Nepal, 9 vittime (delle quali solo 5 identificabili) e 19 dispersi – inclusi 6 operai cinesi e 3 membri delle Forze dell’Ordine locali. Secondo le autorità del Shigatse, che sovrintende a Gyirong, tra gli sfollati c’erano 46 abitanti del villaggio di Rasuwa, 90 commercianti e lavoratori nepalesi, 2 turisti, 61 operai edili e 11 tra commercianti di frontiera e personale doganale. Ma anche i 39 pellegrini indiani che – dopo la storica riapertura delle “frontiere spirituali” con il Tibet, interrotte nel 2020 – avevano appena completato il loro cammino di devozione ai luoghi sacri anche per l’Induismo.
Oltre alle centinaia di camion-merci parcheggiati nella zona della Porta e distrutti, decine di altri camion diretti in Nepal sono rimasti bloccati dalla parte tibetana per il danneggiamento del corridoio Shigatse-Nyalam-Khasa. Pertanto, e con i 100 metri dell’autostrada G216 per Gyirong ancora sotto 2 metri di acqua, il transito trans-frontaliero di persone e merci per ora è interrotto.

Le squadre di emergenza sono state rapidamente schierate dal governo locale di Shigatse. Parliamo di più di 320 persone, 52 mezzi pesanti – inclusi motoscafi e robot sottomarini – assieme a 5 droni, tutti impegnati nelle operazioni di ricerca e soccorso. Una macchina sostenuta economicamente anche dalla Cina, che tre giorni dopo stava già allocando un primo contributo da 150 milioni di yuan (più di 17,9mila euro) alle regioni interessate da inondazioni e alluvioni tra il Tibet, il Nepal e lo stesso Paese del Dragone – in questi giorni, colpito dai tifoni annuali.
In quanto alle cause di questa improvvisa inondazione, le indagini sono ancora in corso. Compresa la “pista” del scioglimento dei ghiacciai, laddove alcuni studi avevano in passato affermato che ben 47 di questi – dei quali 25 nel Tibet, 21 nel Nepal e 1 in India – erano a rischio di scoppio per via del cambiamento climatico. Quel che è certo è che, in considerazione del fatto che diversi fiumi del Nepal abbiano le loro sorgenti nel Tibet, a giugno la Cina aveva avvertito due distretti nepalesi con numerosi villaggi rivieraschi del pericolo di inondazioni per via delle precipitazioni particolarmente intense sull’Altopiano – quest’anno, aggravate a valle dall’arrivo della stagione dei monsoni con un anticipo di ben due settimane.