
Il complesso funerario di questo importantissimo centro di potere militare, culturale e commerciale lungo la Via della Seta dall’XI al XIII secolo è il più grande e intatto sito archeologico della dinastia omonima, fondata dal popolo Tangut nel 1038 su un’area di oltre 1 milione di chilometri quadri tra l’altopiano mongolo e quello del Qinghai-Tibet. Un sito che copre più di 5 ettari e, soprattutto, secoli di Storia – visibili, oltre che nell’architettura dei 9 mausolei imperiali e rispettive 271 tombe nobiliari (conosciute come “le piramidi orientali), nei simbolismi stratificati dei 7.100 artefatti rinvenuti finora.
La particolarità della necropoli ai piedi dei Monti Helan e di questa dinastia? L’essere un concentrato di etnie e di culture che – prima di essere distrutto da Gengis Khan nel 1227 – fiorirà in una maniera unica proprio grazie alla fusione di usi, costumi, tecnologie, stili, fedi e sensibilità.

Infatti, secondo la tradizione orale, i Tangut nascono dall’unione tra una donna tibetana e un Capo tribù di antichi nomadi Xianbei (turco-mongola) ma di ascendenza mista Xianbei-Qiang (cinese). Man mano che si sposta (secondo alcuni storici, dalla Mongolia interna; secondo altri, dal Qinghai-Sichuan-Tibet e quindi dalle regioni storiche di Amdo e Kham), la popolazione acquisisce degli elementi culturali dei diversi gruppi conquistati – comprese le etnie Khitan (proto-mongola) e Jurchen (“antenata” della futura Manciù) – mentre alcuni dei primi regnanti sposano le principesse della dinastia cinese Tang con le quali condividono l’appartenenza all’etnia Xianbei. Quando nel VII secolo il primo regno dei Tangut viene invaso dai tibetani, che introducono il Lamaismo, i suoi leader chiederanno l’aiuto dell’imperatore cinese – assicurandosi così il dominio in una regione vitale per la Via della Seta e fondando un “sotto-impero” leale ma separato, che durerà fino alla caduta della dinastia Yuan. La popolazione si disperderà tra le steppe mongole e l’odierna provincia cinese di Anhui, mentre i clan nobiliari sceglieranno di vivere (e governare) nel Tibet di nord-est e nel Sichuan.

Sciamanismo seguito da Confucianesimo cinese e Buddhismo tantrico tibetano, pastorizia tibetana e agricoltura cinese, lingua di origine tibeto-birmana e scrittura di ispirazione cinese, acconciature cinesi e indumenti in stile mongolo e tibetano – senza dimenticare la stampa con caratteri mobili, inaugurata proprio dalla dinastia Xixia. Riscoperta solo in epoca moderna e così ricca di sorprese da dare i natali, nel 1908, a una branca di ricerca dedicata: la Tangutologia.

L’annuncio dell’inserimento nel patrimonio dell’Umanità è stato accolto dall’assemblea UNESCO con un’unanime e lunghissima standing ovation. Per il valore eccezionale di un sito che – tra concezione, struttura e manufatti, mirabilmente preservati nel nuovo museo – promette di essere un “cofanetto” di ulteriori rivelazioni sulla Storia della civiltà umana. In questo caso davvero multiculturale, e dall’inizio alla fine.
