BUDDHISMO TIBETANO E URNA D’ORO (2): LA DIVINAZIONE

BUDDHISMO TIBETANO E URNA D’ORO (2): LA DIVINAZIONE, Mirabile Tibet


Il sorteggio come atto sacro

Da sempre nella tradizione tibetana, il confine tra spiritualità e autorità istituzionale è molto sottile. Così, nei secoli, il Buddhismo dell’Altopiano sviluppa degli strumenti per evitare la corruzione della designazione delle figure spirituali centrali – come il Dalai Lama o il Panchen Lama – da parte delle umane ambizioni e garantire la corretta continuità dei lignaggi spirituali.

Tra questi, l’Urna d’Oro. Introdotta nel 1792 dall’imperatore Qianlong della dinastia Qing e che, come metodo di individuazione della giusta reincarnazione (nel caso di più candidati) e come punto d’incontro tra fede e ordine istituzionale, affonda le radici nelle pratiche religiose di divinazione.


Una pratica religiosa, non una lotteria

Nella cultura tibetana, affidarsi al sorteggio rituale non equivale a lasciare le cose al caso. Le decisioni cruciali vengono spesso accompagnate da pratiche divinatorie considerate sacre, perché “canali” di espressione della saggezza trascendente dei Buddha e dei bodhisattva.


Struttura del rito e significato

Il sorteggio rituale è preceduto da preghiere, mantra e un’intera preparazione cerimoniale. I nomi dei candidati vengono sigillati in rotoli identici e collocati nell’Urna d’Oro, custodita nel Tempio di Jokhang, mentre l’’estrazione – seguita da canti, offerte e invocazioni – viene storicamente condotta davanti a un’immagine sacra del Buddha e alla presenza di monaci, reggenti e (talvolta) rappresentanti imperiali.

Un protocollo che trasforma un gesto potenzialmente arbitrario in una manifestazione del volere superiore, rafforzando così la legittimità spirituale del candidato scelto.


Parallelismi con la tradizione del Mo

Il metodo dell’Urna trova riscontro nella tradizione del Mo – un antico sistema di divinazione tibetano, che utilizza dadi e formule sacre per ricevere risposte da Mañjuśrī e che, pertanto, si basa sull’idea che il Dharma possa esprimersi attraverso segni esteriori se interpretati con devozione e purezza d’intento.

Come si legge nella prefazione dell’edizione inglese del testo di Mipham (Mo: Tibetan Divination System, Snow Lion, 2000): “This Mo, which obtains its power from Mañjushri, was developed by the great master Jamgön Mipham from sacred texts expounded by the Buddha.”

Pur con forme diverse, Mo e Urna d’Oro condividono dunque la stessa logica spirituale: quella di predisporre un contesto nel quale l’ordine superiore si possa rivelare.


Rinuncia al controllo, affidamento al Dharma

Nel corso della Storia, l’Urna d’Oro diventa un modo di rinunciare alla volontà individuale e affidarsi a un principio più elevato. Soprattutto in tempi di incertezza o conflitto, quando l’Urna offre una via per superare le divisioni affidando la decisione a una volontà percepita come superiore e imparziale. In altre parole, una garanzia di integrità spirituale.