L’ORDINE DEI BERRETTI GIALLI O “MODELLO DI VIRTU’ “, Mirabile Tibet

L’ORDINE DEI BERRETTI GIALLI O “MODELLO DI VIRTU’ “

  • by Redazione
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  • 30 Set 2017
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Nel XV secolo si faceva strada un nuovo ordine, quello dei dGe-lugs-pa (l’ordine del “modello di virtù” conosciuto anche come l’ordine dei “berretti gialli”) che diversamente dagli altri non si basava su contatti culturali recenti con l’India e il Nepal ma rappresentava un tentativo al ritorno di interpretazioni più fedeli degli insegnamenti dottrinali e morali del buddismo indiano. Scaturì dall’insegnamento del saggio Blo-bzang Grags-pa meglio conosciuto come Tsong-kha-pa (1357-1419). Dopo aver studiato (come tutti i devoti potevano fare) la disciplina monastica (Vinaya), gli insegnamenti della “Perfezione della Saggezza”(cioè la dottrina del vuoto universale), la filosofia logica (cioè la letteratura canonica non tantrica), la dottrina della “via di mezzo” (di Nagarjuna), la retorica, l’arte del dibattito, i cicli tantrici, la medicina, il canto e la danza rituali fu istruito nelle pratiche rituali di meditazione sulle grandi divinità e dèi di conoscenza diventando presto noto come maestro e scrittore. Scrisse una completa relazione della dottrina (Lam-rim), istituì la cerimonia annuale dell’anno nuovo con la “grande preghiera” e fondò il proprio monastero di Ri-bo dGa’-ldan (= la montagna felice) con cui vennero designati i seguaci dGe-lugs-pa (=modello di virtù) in principio. Furono chiamati “berretti gialli” dagli occidentali (mentre all’interno dei Karma-pa esisteva il ramo dei “berretti rossi” e quello dei “berretti neri”). La scuola dGe-lugs-pa si distinse subito dalle altre per l’osservanza della disciplina monastica (tanto da essere paragonata ai bKa’-gdams-pa) e anche per non prendere parte alle rivalità politiche del momento. Altri due famosi monasteri dGe-lugs-pa sono ‘Bras-spungs (Drepung del 1416) e Se-ra (del 1419) nei pressi della capitale. Il terzo successore di Tsong-kha-pa, dGe-‘dun-grub (Gedundub), fu il principale autore della trasformazione dell’ordine dGe-lugs-pa che incominciò ad espandersi, inoltre, fondò il nuovo monastero di bKra-shis-lhun-po (Tashilhunpo) vicino a Shigatse. dGe-‘dun-grub si trovò un successore, dGe-‘dun rGya-mtsho (Gedun Gyamtso), che fu considerato il 2° Dalai Lama e che continuò l’operazione di diffusione dell’ordine dGe-lugs-pa che ora aveva il più grande monastero tibetano, quello di ‘Bras-spungs. A dGe-‘dun rGya-mtsho successe come incarnazione bSod-nams rGya-mtsho (SonamGyamtso), e da questo periodo in poi il monastero di bKra-shis-lhun-po venne affidato ad una serie di Lama adulti (cioè non reincarnazioni) successivamente considerati Lama Pan-chen. SonamGyamtso ricevette l’illustre titolo di Dalailama (con dalai=oceano in mongolo) e fu considerato il terzo Dalai Lama, nonostante il termine nasca in questa situazione da Altan Khan, perché il titolo fu attribuito retroattivamente anche alle sue due reincarnazioni precedenti (cioè Gedundub, discepolo diretto di Tsongkhapa e fondatore di Tashilhunpo, e Gedun Gyamtso, abate di Tanshilhunpo). Questo terzo Dalai Lama veniva da una famiglia illustre e grazie a ciò, oltre ad estendere ancora più l’azione missionaria del suo predecessore, colonizzò anche alcuni monasteri di vecchi ordini come gli ordini di ‘Bri-khung e Phag-mo-gru che erano stati abbandonati: ma l’ordine dGe-lugs-pa restava ancora l’unico ordine incontaminato dal potere temporale e ancora devoto alla semplicità monastica e alla tranquilla austerità nella devozione rituale che gli altri sembravano aver perso. Fu con l’incontro fra Altan Khan, capo del ramo mongolo dei Tumed (tumet? Pag 61) nonché capo più potente (ma non supremo) fra tutte le tribù mongole, e bSod-nams rGya-mtsho nel 1578 che i dGe-lugs-pa si trasformarono da una forza puramente spirituale ad una forza politica dello stesso tipo esatto degli altri ordini tibetani. Il terzo Dalai Lama viaggiò per i territori mongoli e degli Oirat e alla sua morte la sua reincarnazione venne trovata in un bisnipote di Altan Khan che fu portato in Tibet e da qui inizia un periodo di lotte intestine fra monasteri che presto implicò l’aiuto dei mongoli richiesto dai monaci: fra gli oppositori vi era il sovrano di gTsang che era ancora il principale potere politico in Tibet e sarebbe potuta essere l’ultima occasione del Tibet di ristabilire un’amministrazione laica che mantenesse gli affari di stato al di fuori del controllo monastico troppo interessato. Nel 1616 morì il quarto Dalai Lama, Yontan Gyamtso, e nel 1617 venne trovato il successore, Ngag-dbang Blo-bzang rGya-mtsho (Ngagwang Lobsang Gyamtso). Il ramo degli Oirat, i Qosot meglio conosciuti come Dzungar, inflisse una sconfitta sui discendenti di Gengis Khan. I seguaci dGe-lugs-pa chiesero l’aiuto dei mongoli e in particolare al capo di questi Dzungar, Gushri Khan, che riuscì a sconfiggere il re di gTsang affiancato dai berretti rossi Karma-pa. Una volta preso il potere di quasi tutto il Tibet (quasi contemporaneamente ai Manciù in Cina nel 1664) grazie ai mongoli (nonostante l’imposizione di un reggente), il quinto Dalai Lama viaggiò per tutto il territorio trasformando alcuni monasteri in centri dGe-lugs-pa e sostituendo i principi-governatori locali con i suoi sostenitori: gli unici ad essere quasi ignorati furono i Bon-po e i rNying-ma-pa che avevano dei piccoli centri mentre quelli a soffrire di più furono i Jo-nang-pa che si videro chiudere tutti i loro centri in modo da essere utilizzati dai dGe-lugs-pa. Ad ogni modo i dGe-lugs-pa rimanevano comunque l’ordine più sincero ed attivo fra gli ordini tibetani. Il loro modello di organizzazione (della vita monastica?) influenzò vari ordini fra cui quello Bon-po. Intanto in Cina si erano stabiliti i Manciù che prima della vittoria dei dGe-lugs-pa  durante la loro ascesa avevano visto i Karma-pa, i dGe-lugs-pa, il re di gTsang e Gushri mandare ambasciatori nella loro corte per assicurarsi il sostegno di quella che sembrava il potere ascendente in Asia. Cercando un pretesto per introdursi in Tibet, quindi, dopo la loro ascesa al potere imperiale cinese, i mancesi interpretarono quelle vecchie richieste d’aiuto da parte di vari ordini come atto di sottomissione (cosa che fu semplice dato che la teoria politica cinese escludeva completamente la possibilità di relazioni diplomatiche alla pari con qualsiasi altro paese). Inizia un profondo interesse da parte dei mongoli verso la dottrina buddista appresa dai tibetani così come in passato i tibetani si mostrarono così diligenti verso il buddismo indiano.