
La Medicina mondiale non ha ancora delle spiegazioni esaurienti sulle cause e neanche una “mappa” completa, ma sembra che le deformazioni congenite agli arti nei Paesi dell’Asia di Sud-Est siano abbastanza frequenti. Compreso l’Altopiano tibetano. Dove in 8 anni, e solo a Chamdo (la terza maggiore città dopo Lhasa e Shigatse), sono stati curati 300 bambini.
Sapevamo dei problemi del sistema circolatorio, legati alle altitudini e quindi ai livelli di ossigeno nel sangue – affrontati finora con ripetuti screening di decine di migliaia di bambini, la creazione di una rete di cure mediche di prossimità e persino librerie aerobiche. E sapevamo della sempre più intensa cooperazione tra la Medicina tradizionale tibetana e quella (antica e moderna) cinese, dalle diagnosi alle terapie passando per la formazione di medici e infermieri. Ora, dall’Altopiano arriva il racconto di questo mirabile progetto – partito nel 2017 e reso possibile grazie a chirurghi ortopedici volontari, provenienti da due ospedali e una fondazione di Pechino, e alla copertura degli interventi con fondi pubblici (finora 2 milioni di yuan, cioè più di 245mila euro), a sostenere anche le spese per il viaggio, il vitto e l’alloggio dei piccoli pazienti e delle loro famiglie. Interventi che, come dicevamo, hanno donato una nuova vita a 300 bambini dell’Altopiano, il 97% dei quali tra i 6 e i 7 anni.
Una nuova vita con un diverso cuore. Perché, oltre a rendere impossibile il più piccolo e “normale” gesto, e oltre a togliere futuro, autonomia e dignità, le deformazioni congenite alle mani o ai piedi fanno inevitabilmente sentire “condannati” e isolati – da tutto e da tutti. Già a 6 anni, con conseguenze inimmaginabili nell’età adolescente e adulta. Certo: grazie alla saggezza della Medicina tradizionale dell’Altopiano, decisamente migliori di quelle patite da altri bambini in altre culture ma, a ogni modo, da prendere molto sul serio e possibilmente prevenire. Con screening periodici e interventi precoci, prima cioè che si completi lo sviluppo dei bambini, in modo da evitare sul nascere il devastante impatto psicologico ed emotivo di queste deformazioni.
In quanto alle cause, le squadre d’intervento e i ricercatori di Lhasa e Pechino sono ancora al lavoro ma per ora, oltre agli eventuali fattori genetici, allo studio sono i possibili legami con la dieta, l’attività geologica e le condizioni ambientali dell’Altopiano. Confidiamo dunque nelle loro scoperte, fonte di speranza e di un futuro migliore per i tanti bambini che nel mondo, dalle Americhe all’Asia, condividono questa drammatica condizione.