GLI STUPA: I LUOGHI DI PREGHIERA DEL BUDDHISMO, Mirabile Tibet

GLI STUPA: I LUOGHI DI PREGHIERA DEL BUDDHISMO

  • by Redazione
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  • 14 Dic 2017
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Il buddismo si è distinto da sempre per la grande capacità di adattamento alle varie forme di culture con cui andava a confrontarsi; questo è stata la ragione del successo che ne ha permesso la diffusione in aree del mondo di grande diversità etnica e linguistica e dalle caratteristiche morfologiche e paesaggistiche più disparate. Gran parte dell’architettura buddista, pertanto, venne mutuata dalle culture costruttive che di volta in volta tale religione andava ad incontrare. Nonostante ciò, alcune costruzioni come lo stupa emersero come esclusive e specifiche al buddismo. Nei cullavagga, antichi testi canonici, era vietato ai monaci di apprezzare le pitture e si proibiva qualsiasi opera d’arte nei monasteri, per cui la primitiva arte buddista fu aniconica. Immagine fisica del dharma divenne così lo stupa, un monumento chiuso, tutto rivolto all’esterno, senza altra funzione al di fuori di quella meramente simbolica che, nato come reliquiario per le spoglie mortali del budda, si trasformò col tempo nel simbolo del nirvana e della stessa mente illuminata del Buddha.

Lo stupa ha una tipologia ben definita e codificata nel tempo. Esso sorge intorno ad un asse centrale (yai) simbolo dell’axis mundi attorno a cui si succedono una serie di elementi a partire da una terrazza quadrata (medhi) sulla quale, sopra un’ulteriore tripla base circolare, si erge una semisfera (aa) che ne è la parte più caratteristica e riconoscibile. Sull’aa c’è un elemento generalmente cubico, delimitato da una balaustra (harmika), da cui si alzano una serie di ombrelli (chatra), il cui numero varia a seconda delle differenti scuole buddiste. La struttura si conclude con un vaso per la pioggia (vara-sthala). Lo stupa è circondato da una balaustrata (vedika) che ne delimita lo spazio sacro il cui accesso è consentito attraverso portali monumentali (toraa) posti ai quattro punti cardinali.

Un testo buddista, il dighanikaya, classifica lo stupa in quattro tipologie: lo ´sarîriraka, eretto per contenere reliquie corporee appartenute al budda o ad un santo particolarmente venerato; il paribhogika in cui sono racchiusi oggetti personali del budda o collegati alle vicende storiche della sua vita; il dharma, in cui vengono custoditi i testi sacri contenenti insegnamenti e l’udde´sika eretto per commemorare luoghi dove si sono svolti grandi avvenimenti legati alla dottrina. Gli stupa più antichi erano realizzati in mattoni e pietrisco racchiusi da un rivestimento di muratura, altri erano scolpiti in un unico blocco di roccia. Oggi sono ancora visibili quelli di Bharhut nello Stato di Nagodh del 150 a.C. e quelli di San-ci nello stato di Bhopal, tra i più completi esempi dell’antica architettura buddista in India, la cui costruzione va dal III secolo a.C. al I sec a.C. Nel tempo la base circolare dello stupa diviene cilindrica, mentre l’aa si alza e si allunga, come nel tipo del Gandhara, e le terrazze della base si moltiplicano. Un’ulteriore evoluzione dello stupa presenta un alto tamburo cilindrico o la cupola a bulbo.