
Come ogni anno da quasi 4 secoli, anche questa estate tibetana si è chiusa a Lhasa con i festeggiamenti dello Shoton. Inaugurato il 23 agosto al Monastero Drepung, con il suono delle lunghissime trombe dung chen e lo srotolamento da parte di 100 monaci del secondo maggiore thangka – raffigurante il Buddha Shakyamuni – dopo quello di Capodanno, e concluso il 30 agosto nel giardino del Palazzo Norbulingka, con gli spettacoli di Opera tibetana.

Sette giorni nei quali le bandierine colorate di preghiera, le lanterne e le vesti tradizionali indossate dai tibetani trasformano completamente la città. Sette giorni che uniscono tradizione e spiritualità in un modo così unico da vedere sia il Festival, sia l’Opera tibetana (che comprende musiche, danze, racconti, acrobazie e persino riti religiosi, nell’elenco UNESCO dal 2009) diventare nel 2006 parte del patrimonio culturale immateriale nazionale.

Soprattutto, sette giorni insieme – ad accorrere per ricevere dai piedi della montagna le benedizioni del gigantesco dipinto per poi, una volta stese le stuoie nel “teatro all’aperto” del Norbulingka, condividere il cibo, il vino d’orzo Chang e il tè al burro, muoversi al ritmo delle musiche tradizionali, canticchiare assieme agli artisti, applaudire e gioire.

Il tutto, senza dimenticare lo yogurt. E nemmeno le altrettanto tradizionali esibizioni, danze ritmiche e gare a cavallo, in un’area che quest’anno – per via degli oltre 100 destrieri e cavalieri partecipanti – si è estesa oltre Lhasa e che ha accolto, in un solo giorno, 25mila spettatori. Perché, sull’Altopiano tibetano, ogni gara racconta una storia di eredità familiari, comunità e legami nel Tempo tra gli uomini e i cavalli. Anche in un’epoca di autostrade e ferrovie ad alta velocità.

Come dicevamo, una celebrazione antica. Puramente religiosa a metà dell’Undicesimo secolo e trasformata, nella seconda metà del Diciassettesimo, in un vero Festival popolare – così importante da accordare a tutti, dal 1994 quando inizia il patrocinio di Lhasa, 7 giorni di ferie. Perché, sull’Altopiano, in questi giorni si prega per il perdono e l’armonia nel mondo. E perché, per il Buddhismo tibetano, occorre un destino speciale per assistere all’esposizione del grande thangka. Ai piedi del quale deporre le sciarpe di seta bianca assieme alle proprie migliori speranze.