LE GRANDI SCUOLE MONASTICHE DEL TIBET, Mirabile Tibet

LE GRANDI SCUOLE MONASTICHE DEL TIBET

  • by michele
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  • 13 Apr 2017
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Il Tibet ha una storia ricca di eventi e una cultura sofisticata, tant’è che riassumere in poche parole, dalle origini alla diffusione del buddismo con la formazione delle grandi scuole monastiche fino alla situazione attuale, una così antica ed affasciante cultura sarebbe impossibile. Oggi cercheremo quindi di affrontare uno degli aspetti più “intimi” della cultura dello Xizang, ovvero le “scuole monastiche buddiste”.

Tra il IX e l’XI secolo i pochi monasteri sopravvissuti alla persecuzione ed alle guerre interne tra i potentati locali si riorganizzarono e cominciarono anche a sorgerne di nuovi: iniziò quello che gli storici chiamano il rinascimento del Tibet. A livello didattico, la traduzione dal sanscrito dei diversi testi buddisti conosciuti come i Nuovi Tantra venne ripresa e completata. I traduttori più noti furono Rinchen Zangpo (958 – 1054), Drogmi (992 –1074) e Marpa (1012 – 1099). Andando più nello specifico, è doveroso citare come Marpa Chokyi Lödro visitò l’India tre volte, e fu proprio durante i suoi pellegrinaggi che il Maestro tradusse e commentò numerosi testi tantrici sotto la guida di Naropa e di Maitripa, ed il risultato fu la nascita della scuola Kagyü.

Da Drogmi Shakya Yeshe (993 –1050), discepolo del Mahasiddha indiano Virupa, ebbe origine la scuola Sakya poiché il suo discepolo, il principe Köntchok Gyalpo (1034 – 1102), fonderà il monastero di Sakya che avrà un ruolo preponderante nella storia del Tibet.
Il grande maestro indiano Atisha, invece, viene universalmente considerato come il secondo fondatore del buddismo in Tibet poiché spese numerose energie ad evangelizzare la parola di Budda anche nelle regioni che non erano mai state toccate prima dall’insegnamento. Il buddismo divenne quindi, per la prima volta in assoluto, la religione di tutto il popolo tibetano. Agisha, quando giunse nel 1042 dall’India a Gughe, la capitale di un grande regno del Tibet occidentale, oramai sessantenne, dedicò gli ultimi anni della sua vita alla propagazione degli insegnamenti in Tibet. Diede nuova linfa alla dottrina trasmettendo la Prajnaparamita, la ‘Via della Perfezione della Saggezza’ che esprime la visione profonda della vacuità e sottolineò l’importanza dello studio, della disciplina monastica e della devozione degli studenti nei confronti dei maestri, tutti concetti che rappresentano tuttora l’ideale dei praticanti buddisti. Da Atisha (979 – 1053) nacque la scuola Kadam, fondata dal suo discepolo Domtönpa (1005 – 1064), che fece edificare il monastero di Reting vicino a Lhasa.
Nel periodo in cui gli insegnamenti di Atisha e degli altri maestri indiani e tibetani venivano diffusi nelle nuove scuole di pensiero del Tibet, gli invasori mussulmani stavano iniziando le loro scorrerie nell’India settentrionale. Nel corso di due secoli distrussero nel continente indiano importanti università monastiche, monasteri, templi e stupa e causando una tale devastazione che la cultura buddista venne di fatto quasi del tutto obliterata nell’India. Tuttavia gli insegnamenti del Buddha furono tenuti dietro le montagne innevate dell’Himalaia: i tibetani restarono i soli depositari delle antiche tradizioni custodite e tramandate dalle scuole indiane poiché nelle loro biblioteche conservarono i testi che erano stati tradotti con grande zelo e fedeltà ai contenuti.
Importante spartiacque della vita monastica tibetana, fu l’arrivo al trono cinese della dinastia mongola degli Yuan nel XII secolo.  L’imperatore Gengis Khan (1155 – 1227), intervenne direttamente nella vita tibetana e convocò alla sua corte i rappresentanti di tutte le maggiori religioni e di tutte le diverse confessioni (confuciani, taoisti, mussulmani, cristiani e buddisti oltre a maghi e sciamani); la storiografia non ufficiale narra che egli abbia proclamato vincitori del primo congresso interreligioso della storia i maestri tibetani e che lui stesso si convertì al buddismo Vajrayana. Nel 1234 Godan Khan sottomise militarmente il Tibet, ma Sakya Pandita, capo della scuola Sakyapa, salvò il paese dalle devastazioni grazie alla sua autorità spirituale. Chogyal Pakpa (1235-1280), nipote di Sakya Pandita, divenne maestro spirituale di Kublai Khan che, nel 1253, gli affidò il governo di tre province del Tibet. I Lama sakyapa governarono il Tibet per 105 anni fino al 1358 quando il potere fu assunto da Jangchub Gyaltsen della scuola Kagyü, insignito dall’imperatore della Cina del titolo onorifico di Tai Situ e dal 1369 al 1652 i Karmapa, capi spirituali della scuola Karma Kagyü, assunsero il potere temporale del Tibet. Con i Karmapa, di cui la prima incarnazione risale al 1110, ha inizio  l’istituzione tipicamente tibetana secondo il principio della scelta nella reincarnazione del capo spirituale. Il primo abate del monastero di Tsurphu, Dusum Khyenpa (1110 –1193), ovvero il primo Karmapa, predisse che dopo la propria morte sarebbe succeduto a sé stesso rinascendo in un bambino e diede anche alcune indicazioni sul modo di riconoscerlo.
Mongoli e tibetani fondarono una sorta di patto sacerdotale in base al quale, mentre i tibetani si prendevano cura del benessere spirituale, i mongoli garantivano al Tibet la sicurezza temporale. Tuttavia la mancanza di un’effettiva autorità centrale riconosciuta da tutti era causa di interminabili conflitti tra le diverse famiglie aristocratiche che spesso nascondevano i loro interessi dietro questioni dal sapore religioso.
Dalla lontana provincia di Amdo, al confine nord orientale con la Cina, emerse un uomo di intelletto e forza morale fuori dal comune: Tsong Khapa (1367 – 1419) che trovò nella figura di Atisha il suo ispiratore e dedicò la sua vita a ristabilire la purezza degli insegnamenti di Buddha: rifondò i Kadam nella scuola Ghelug o dei “Virtuosi”, destinata a divenire quella dominante in Tibet.
I Ghelugpa fecero edificare le tre università monastiche di Gaden, Sera e Drepung sul modello delle distrutte università dell’India dove i monaci si applicarono con eccellenza agli studi ed alla stretta osservanza dei voti. Un discepolo di Tzong Khapa, suo nipote Gedun Drub (1391 – 1475), che passò più di vent’anni in ritiro meditativo, fece costruire il grande monastero di Tashilhunpo a Shigatze e, prima di morire, lasciò delle indicazioni sulla sua rinascita, iniziando così la lunga linea di reincarnazioni che porta all’attuale XIV Dalai Lama. Un altro discepolo di Tzong Khapa, Kedup Djè (1358 – 1438) venne in seguito considerato il primo Panchen Lama (Grande Saggio Erudito), nei ruoli alterni nascita dopo nascita di tutore e discepolo del Dalai Lama.
La formula del ritrovamento dei Tulku, cioè dei lama riconosciuti fin da bambini come reincarnazioni dei maestri appena deceduti, ha dato un’impronta originale alle istituzioni tibetane. Ai Tulku viene impartita una speciale istruzione per renderli capaci di ricoprire il ruolo dei loro predecessori. Ogni monastero, alla morte dei propri maestri, ne ricercava la reincarnazione che ne continuasse l’attività e garantisse una stabilità istituzionale; la successione dei Dalai Lama ne è l’esempio più autorevole.
Tra il XV ed il XVII secolo nelle diverse scuole si svilupparono da un lato una ricca e profonda esperienza spirituale, ma dall’altro anche discordie e conflitti tra diverse fazioni in lotta per il potere, in quanto di fatto il potere temporale dei monasteri legava il successo di diversi gruppi di aristocratici alla predominanza di una scuola. In modo particolare la lotta tra le scuole Kagyü e Gelug sfociò a volte in vere ostilità militari, soprattutto a Lhasa.
Durante il XVI secolo il potere della scuola Ghelug crebbe notevolmente: su invito di Altan Khan, nel 1578, la terza incarnazione di Gedun Drub, Sonam Gyatzo (1543 – 1588) consolidò il futuro politico tibetano divenendo maestro dell’imperatore mongolo e, poiché aveva condotto quel popolo verso il buddismo, gli fu conferito il titolo di Dalai Lama che in mongolo significa “Oceano di saggezza”. La scuola Ghelug si assicurò così l’alleanza dei mongoli, che esercitavano ancora un forte potere politico in Tibet. Il quarto Dalai Lama si rivelò essere uno dei pronipoti di Altan Khan; il suo tutore, l’incarnazione di Kedup Djè, fu nominato Panchen Lama o “Grande insegnante”, destinato al secondo grado d’importanza come Maestro spirituale del Tibet; la sua sede fu il monastero di Tashilhunpo.
Nel 1642 l’esercito di Gushri Khan intervenne in Tibet ed impose ai tibetani il governo temporale del Dalai Lama, allora già alla quinta incarnazione e considerato un’emanazione di Avalokitesvara, la divinità della compassione universale che protegge il Tibet.