IL BUDDHISMO E LA LEGGENDA DELLA “SHAMBALA ROSSA” – SECONDA PARTE –, Mirabile Tibet

IL BUDDHISMO E LA LEGGENDA DELLA “SHAMBALA ROSSA” – SECONDA PARTE –

  • by Redazione
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  • 16 Lug 2017
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In seguito, quando i discendenti di Gengis Khan ritornarono in Mongolia, non fu loro possibile mantenere il potere, poiché si trovarono a dover affrontare l’ostilità degli Oriati, o mongoli occidentali, un tempo alleati del conquistatore oceanico. La rissosità generava altra rissosità e anche i mongoli orientali iniziarono a combattersi tra loro, ed in quel clima di violenza e disgregazione anche i prìncipi buddhisti furono dimenticati, ed i mongoli ritornarono presto al loro credo sciamanico ancestrale. Peraltro anche in Tibet la fede religiosa era andata in parte deformandosi e degenerando, e fu allora che apparve Tsonkhapa, il riformatore. Nato nell’anno 1357, fin dalla più tenera età, colui che avrebbe fondato l’ordine riformato Ghelugpa, si distinse per le sue attitudini alla vita spirituale, e quando morì nel 1419 lasciò un ordine ben costituito, e proprio da questo, chiamato anche setta dei berretti gialli, uscirà l’istituzione dei Dalai lama il cui primo sarà appunto il nipote di Tsonkhapa, Ghedündrup, riconosciuto tale a posteriori. Altan Khan (1543-1582) uno dei pretendenti all’eredità politica di Gengis Khan, ma nato al di fuori della sua discendenza, dopo aver vittoriosamente combattuto ed assoggettato buona parte della Mongolia, si convertì improvvisamente al Buddhismo. Nel 1577 Altan Khan invitò il lama tibetano Sonan Gyatso ad incontrarsi con lui nel territorio ordos nella Mongolia meridionale. Il religioso era monaco Ghelugpa del lignaggio di Tsongkhapa. Il khan mongolo nominò il monaco Dalai Lama, da considerarsi il terzo con effetto retroattivo su i suoi due predecessori dello stesso ordine. Come noto, in mongolo Dalai significa oceano, ed in questo modo si compì la profezia di Phagpa, il quale aveva predetto a Khubilay che essi si sarebbero incontrati nuovamente in una vita futura dove il tibetano sarebbe stato l’acqua (Dalai), e il Khan l’oro (in mongolo Altan). Per questa ragione Altan Khan venne riconosciuto dal lama quale reincarnazione di Khubilay, legittimando così le sue pretese al trono in quanto in questo modo egli poteva dirsi appartenente alla famiglia Gengiskhanide. Alla morte del terzo Dalai Lama nel 1588, venne riconosciuto quale reincarnazione e quindi come quarto Dalai Lama il pronipote di Altan Khan, Ynten Gyatso. Un altro importante condottiero mongolo dell’etnia Khalka della Mongolia centrale, Abdai, fondò un proprio khanato il Tüshet e nel 1586 iniziò la costruzione di quello che sarà il primo dei monasteri mongoli, Erdene Zuu. Il nipote di Abdai Khan, Gombodorji (1594-1655), diretto discendente di Gengis Khan, nominò suo figlio ancora infante capo della fede in Mongolia. Il piccolo Zanabazar (1635-1723), passò i suoi primi anni in Mongolia, ma già nel 1649 partì per il Tibet dove ricevette insegnamenti ed iniziazioni ed a Lhasa, dal quinto Dalai Lama, e dove venne riconosciuto incarnazione del grande Taranatha, il lignaggio di incarnazione del quale discendeva fino ad un discepolo di Buddha. Rientrato in Mongolia assunse pienamente la sua posizione di capo della scuola buddhista della Mongolia e di terza autorità religiosa in assoluto, dopo il Dalai Lama ed il Panchen Lama. Oltre alla religione, Zanabazar si dedicò anche alla letteratura ed alla linguistica, inventando, fra l’altro, un alfabeto chiamato Soyombo, comunemente utilizzato nella trascrizione dei testi tibetani e sanscriti; ma eccelse soprattutto come scultore, il massimo della Mongolia antica. Tutte le successive incarnazioni del Jetsun Dampa Khatukhtu – titolo onorifico del capo della religione buddhista in Mongolia – nacquero in Tibet e quindi furono inviati in Mongolia. L’ottavo Jetsun Dampa Khatukhtu, l’ultimo prima dell’avvento della rivoluzione socialista in Mongolia, estese le sue prerogative anche in campo politico e temporale, divenendo ufficialmente il Bogdo Khan (ovvero Santo khan), e combatté per l’indipendenza della Mongolia dal dominio cinese, cercando di opporsi, inutilmente, ai movimenti filosovietici che s’imporranno nel paese e relegheranno il religioso ad essere una figura meramente rappresentativa, non osando detronizzarlo ufficialmente.